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Cambio sesso: ottiene nuovo nome sulla carta d’identità, ma senza operazione

Reggio Emilia, 4 ottobre 2016 - PER LA PRIMA volta a Reggio un cittadino transessuale ha ottenuto dal tribunale civile l’autorizzazione a far modificare il proprio nome da femminile a maschile e di conseguenza a far mutare l’indicazione del suo sesso sulla carta d’identità senza dover prima sottoporsi al delicato intervento chirurgico di demolizione e ricostruzione che fa assumere un aspetto compiutamente maschile dal punto di vista anatomico, così come veniva interpretata un tempo la legge applicata dai tribunali italiani.

Della innovativa sentenza, emessa il 21 luglio, si è appreso ieri. Il presidente era Rosaria Savastano, giudice estensore Niccolò Stanzani Maserati. Un evento che fa da apripista ad altre numerose domande in corso, sia per chi nata donna vuole essere formalmente riconosciuta come uomo e viceversa. E una ulteriore dimostrazione della capacità dei nostri magistrati di sintonizzarsi con i cambiamenti epocali in atto: è della scorsa primavera, infatti, un’altra sentenza che aveva dato a una donna reggiana il diritto a vedersi riconosciuto il ruolo di seconda mamma - con lo stesso risarcimento assicurativo concesso al padre separato - dopo la morte del figlio della sua convivente in un incidente stradale.

Im quest'ultima causa, il cittadino si è rivolto al tribunale per ottenere due autorizzazioni: una è all’adeguamento dei caratteri sessuali tramite un trattamento medico chirurgico; l’altra è la rettifica dell’attribuzione di sesso nei registri dello stato civile da femminile a maschile, con contestuale cambiamento di nome. La parte attrice, una persona di mezza età e di origine straniera, è stata assistita nella causa dall’avvocato Francesca Frontera. L’interessato ha dichiarato di essere affetto da «disturbo di identità di genere» e di soffrirne fin dall’infanzia: avvertiva cioè «il senso di non appartenenza al sesso di nascita, opponendosi allo stile di vita femminile e privilegiando, viceversa, quello maschile in tutti i suoi aspetti».

In sostanza, si era verificata «una non coincidenza tra il dato biologico e quello psicologico, ossia una disforia di genere». Questa persona ha il desiderio dichiarato di essere del sesso opposto, di farsi passare sempre per un membro dell’atro sesso, di vivere e di esse trattato come tale, «nella convinzione di avere sentimenti e reazioni tipici dell’altro sesso»: al punto di avere «una marcata identificazione con lo stereotipo culturale maschile e il rifiuto delle attività e delle caratteristiche tipicamente associate al genere femminile», con una visione dell’ambiente «molto convenzionale e conformistica».

L’autore della domanda di rettifica si è sottoposto - previa nulla osta di un medico-psichatra, a impegnativi cicli di terapia ormonale che ne ha in parte già mutato i caratteri sessuali secondari, si legge nella sentenza. Ma a lui non basta: di qui la richiesta che sul suo corpo vengano effettuati gli interventi chirurgici «necessari per adeguare il proprio aspetto anatomico all’identità di genere soggettivamente percepita». Per questo occorrono la mastoplastica riduttiva, l’isterectomia e la fallo plastica.

Tuttavia – e qui arriva la valutazione del tribunale, sulla base di quanto affermato da Corte costituzionale e Cassazione, che hanno affermato il diritto all’identità sessuale – l’intervento chirurgico è finalizzato a riconoscere alla signora il diritto alla sua salute psicofisica, ma non può essere un prerequisito per la modifica dell’attribuzione di sesso e del proprio nome allo stato civile. Di qui la sentenza che ha accolto la domanda. La signora si farà operare quando lo vorrà: nel frattempo porterà la sentenza al registro di stato civile per la modifica dei dati anagrafici che la riguardano. Nessuna somma da pagare per le spese di lite.

[FONTE: http://www.ilrestodelcarlino.it]

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